Un film “kolossal” degli anni ’40

È il 1941 e nelle sale cinematografiche esce un film che all’epoca è considerato un vero e proprio kolossal: I promessi sposi. Regista del film, ispirato all’omonimo romanzo di Alessandro Manzoni, è Mario Camerini, mentre la casa di produzione è la Lux Film, che non risparmia davvero sulla disponibilità dei mezzi tecnici e sulla composizione del cast.

Particolarità del film è l’uso del sonoro, dopo che altre pellicole ispirate allo stesso romanzo erano stati tutti girati come “film muti”.

Lucia Mondella (Dina Sassoli)

Particolarmente impegnativa si manifesta la formazione del cast. Mentre per il ruolo di Renzo Tramaglino viene fin da subito scelto un già affermato Gino Cervi, per il ruolo di Lucia Mondella le cose si complicano abbastanza. Dopo innumerevoli provini e concorsi non andati a buon fine, viene scelta Dina Sassoli, attrice esordiente.

Renzo Tramaglino (Gino Cervi)

Il film è un vero successo, e riscuote pareri molto positivi sia da parte del pubblico che della critica. Il successo si registra anche al botteghino, infatti per il film è record, nella stagione 1941/42, con incassi per ben 18 milioni e mezzo di lire.

Don Abbondio e la Perpetua
Lucia a colloquio con la Monaca di Monza
L’incontro fra Padre Cristoforo e Don Rodrigo
Lucia, Padre Cristoforo, Renzo e Agnese

Cesare Battisti, patriota ed eroe

Cesare Battisti nasce a Trento nel 1875, in quell’epoca territorio dell’Impero Austroungarico.

Battisti fin da giovane matura convinzioni politiche socialiste, caratterizzate anche da un forte impegno irredentista. Ciò con il fermo ideale di unire il Trentino al Regno d’Italia. In tal senso, nel 1914 Battisti, insieme ad altri irredentisti, giunge persino a rivolgere un appello al Re Vittorio Emanuele III, di casa Savoia, affinché questi si convincesse dell’opportunità di realizzare il progetto, innanzitutto per vie diplomatiche ma, in alternativa, addirittura con una guerra. E la guerra infatti scoppia l’anno successivo … Battisti si arruola così come volontario nell’Esercito italiano, nel Battaglione Alpini.

Catturato prigioniero dagli austriaci in un’azione di battaglia, Battisti, con il grado di tenente, è condotto a Trento insieme a Fabio Filzi, altro convinto irredentista. I due vengono sottoposti a processo, durante il quale Battisti non rinnega la sua fede verso l’Italia. Il processo, abbastanza “sommario” secondo quanto riportato da alcuni testimoni, si conclude rapidamente con una sentenza che a molti sembra quasi già scritta: sia Battisti che Filzi sono condannati alla pena capitale per tradimento verso l’Impero Austriaco.

Neppure la massima pena sembra però appagare la soddisfazione dei giudici, i quali non risparmiano a Battisti più di una umiliazione. Battisti, in quanto soldato, chiede infatti di essere fucilato indossando la sua uniforme. Ma … niente! Tutto ciò gli viene negato. L’esecuzione deve avvenire mediante una sorta di “impiccagione”, e a Battisti viene fatto indossare un dozzinale abito civile a quadri.

Dopo appena due ore dalla condanna, il boia, fatto venire apposta da Vienna, dunque ben prima che la condanna fosse emessa, attende i due condannati nella Fossa della Cervara, nel Castello del Buonconsiglio.

È il 12 luglio 1916, e alle 19:15 l’esecuzione di Cesare Battisti ha luogo. Neppure in quest’ultimo estremo, drammatico momento a Battisti viene riservata la minima dignità. Il boia, in un primo momento, usa una corda volutamente inadatta, in quanto troppo sottile. Sotto il peso del corpo di Battisti lasciato cadere dal capestro la corda infatti si rompe. Battisti, ancora sofferente, viene quindi riappeso al capestro, questa volta con una corda più robusta. Quindi il boia spinge il corpo di Battisti verso il basso, mentre i suoi aiutanti lo tirano da sotto. Cesare Battisti cessa così di vivere, mentre intorno il boia e il pubblico presente in gran numero mostrano segni di piena soddisfazione.